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E’ iniziato oggi, alle ore 10, presso il Palazzo di Giustizia di Genova, il processo di Appello de “La Svolta”, la maxi inchiesta sul radicamento della ‘ndrangheta nel ponente ligure.
In primo grado, per la prima volta nella storia giudiziaria ligure, è stata riconosciuta la presenza dell’organizzazione criminale calabrese, e sono stati individuati due distinti locali, a Bordighera e Ventimiglia.
Il 7 di ottobre 2014 il Tribunale di Imperia aveva condannato 16 imputati per associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), con pene sino a 16 anni per Peppe Marcianò e Maurizio Pellegrino. Venivano invece assolti dall’accusa di concorso esterno ed abuso d’ufficio aggravato – con la formula “perché il fatto non costituisce reato” – i due colletti bianchi dell’indagine, Gaetano Scullino e Marco Prestileo (rispettivamente ex sindaco ed ex city manager a Ventimiglia) nei confronti dei quali non si è dimostrata la volontà di agevolare il sodalizio malavitoso.
Contro la pronuncia di primo grado hanno presentato impugnazione sia gli organi inquirenti (il pm Arena della D.D.A. ligure, insieme con la Procura Generale) sia, come naturale, tutti i difensori degli imputati condannati (più di 20, alcuni per reati meno gravi rispetto all’associazione mafiosa).
Questa mattina è iniziato il giudizio di secondo grado, alla presenza di numerosi giornalisti: alcuni imputati detenuti hanno seguito l’udienza in teleconferenza, dai rispettivi luoghi di reclusione; Scullino e Prestileo erano invece presenti personalmente. L’Aula Magna, al piano interrato, era blindata e preceduta da un apposito passaggio metal detector (in aggiunta a quello tradizionale, all’ingresso del Tribunale).
Il processo entrerà presto nel vivo; per il momento si sono sbrigate le varie formalità preliminari al dibattimento e si è fissato il calendario delle udienze.
L’accusa punta ad ottenere un aumento di pena per alcuni dei condannati ma, soprattutto, la condanna dei due politici, ritenuti contigui alle cosche, al di là di quanto è emerso in primo grado.
I difensori, naturalmente, mirano invece a smontare il reato associativo, l’art. 416 bis, che comporta pene elevate e soprattutto preclude numerosi benefici penitenziari.
Seguiremo nei prossimi mesi l’evoluzione di questa fondamentale vicenda.