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Le rotte della droga, per usare un topos stanco e un po’ ritrito, portano (anche) in Liguria. E vengono da lontano. Arrivano dal Marocco i 45 kg di hashish trasferiti con nonchalanche dal grossista al compratore all’aeroporto di Genova; e addirittura da Martinica, Antille Francesi, era partito uno yacht carico di 86 kg di cocaina, degno dei migliori film d’azione, destinato nelle intenzioni a rifornire i mercati italiano e francese. Il tutto sotto la regia di un patto criminale potente e strutturato che estendeva i suoi tentacoli nella nostra regione e nel sud della Francia, mantenendo al tempo stesso legami ben stretti con la Calabria. È quanto abbiamo scoperto il 15 giugno, con l’emissione da parte del sostituto della DDA di Genova Alberto Lari del decreto di fermo a danno di sette persone tra Sanremo e la Costa Azzurra. Mafieinliguria.it vi racconta, in questo approfondimento, i dettagli di questa importante operazione, direttamente dagli atti giudiziari.

14 aprile, aeroporto ‘C. Colombo’ di Genova: la cessione di 45 kg di hashish a Carmelo Sgrò e Francesco Nardelli

Sono da poco trascorse le 8 dello scorso 14 aprile quando una Volkswagen Golf muove da Vallauris, piccolo borgo compreso tra Antibes e Cannes. A bordo c’è Rocco Magnoli, 61 anni, membro del clan Magnoli di Rosarno, affiliato alla ‘ndrina Piromalli-Molè di Gioia Tauro. Con il fratello Antonio, detto ‘Bubu’, e il cugino Marcello Giovinazzo, Rocco ha messo radici da tempo in Costa Azzurra: a Vallauris, dove risiedono, gli investigatori francesi ritengono sia situata una base strategica per il traffico di stupefacenti. L’uomo accosta lungo un viale alberato e carica un’altra persona dai tratti nordafricani. Sono d53iretti a Genova, e in particolare all’aeroporto Cristoforo Colombo: lì è previsto l’importante rendez-vous per il quale i fratelli Magnoli e Giovinazzo si stanno spendendo da mesi. A Vallauris, Nizza e Mentone hanno incontrato più volte Mauro Da Fiume, il mediatore, un personaggio chiave: amico dei Magnoli per aver favorito tempo addietro la latitanza di ‘Bubu’, Da Fiume è in contatto diretto con i fornitori di hashish dal Marocco. In particolare Atef M’Zati, addetto ai rapporti con Vallauris, gli riferisce di avere disponibilità di 800 kg di sostanza per lui e i suoi “soci italiani”. Il 10 gennaio, a Vallauris, si tiene il primo incontro tra Da Fiume, Rocco Magnoli e M’Zati, in cui, presumibilmente, vengono concordati i termini dell’affare: la consegna di circa 45 chili di hashish al prezzo di 40 mila euro. Chi riceverà l’hashish, però, non saranno i Magnoli: a questo incontro c’è un convitato di pietra, che fa entrare a pieno titolo la Liguria in questa vicenda, fin qui apparentemente di giurisdizione estera.

Chi ha richiesto la droga, infatti, è Carmelo Sgrò. 32 anni, organico alla cosca Gallico-Morgante-Sciglitano di Palmi, risiede a Sanremo; è stato più volte sottoposto a misure cautelari per traffico di stupefacenti. I Magnoli e Giovinazzo lo incontrano per ben 8 volte tra febbraio e marzo, quasi tutte al Bahama Star Cafè, in strada Armea, sulle alture della città dei fiori. La ragione degli appuntamenti è esposta agli investigatori dallo stesso Sgrò, quando il 13 aprile si accorda, nel medesimo locale, con l’albanese Ervin Bashmeta (detto ‘Luciano’) per fornirgli hashish al prezzo di 1100 euro al chilo. ‘Luciano’ vorrebbe la merce in tempi rapidi, entro poche ore: Sgrò riesce a posticipare la consegna a due giorni dopo, adducendo imprecisati “impegni” per la giornata successiva (“facciamo mercoledì mattina dai, che domani è una giornata del cavolo! Sono oberato dagli impegni…”). Perché Sgrò tenesse tanto a procrastinare lo scambio sarebbe diventato chiaro il giorno seguente.

Alle 9:20 la Golf guidata da Rocco Magnoli passa il confine italiano. L’ambientale attivata a bordo dell’auto rivela agli investigatori che l’appuntamento con i fornitori al ‘Colombo’ è fissato per le 11; ma prima, dice Rocco al sodale nordafricano, dovranno incontrare “un amico”, verso le 9:30. L’amico di Magnoli è Francesco Nardelli, uomo di fiducia di Sgrò, già presente all’incontro del giorno prima tra quest’ultimo e Luciano: è lui il delegato da Sgrò al ritiro dello stupefacente. La Golf e la Fiat Bravo di Nardelli arrivano allo scalo genovese quasi in contemporanea. Magnoli e il compare si fermano e scendono dall’auto, stazionando sul tratto finale della rampa che conduce alle partenze; Nardelli si va invece a posizionare oltre l’ingresso, nell’ala opposta del parcheggio. Inizia l’attesa. A un certo punto il nordafricano in macchina con Magnoli telefona a un’altra persona, sollecitandola in lingua araba a chiamare a sua volta coloro che dovrebbero presentarsi all’appuntamento, evidentemente in ritardo. Si scopre che il luogo dell’appuntamento è stato equivocato: dal tenore della telefonata appare chiaro come Magnoli si sia già incontrato, in quello stesso luogo, con le stesse persone in procinto di arrivare, ricevendone una “foto” (campione di stupefacente).

Intorno alle 12, finalmente, giunge un furgone Ford Transit bianco, con targa spagnola, il cui conducente parcheggia alcuni veicoli dietro la Golf di Magnoli. Ne scendono due uomini dai tratti magrebini che si fermano a parlare con Rocco e il suo compagno, mentre Nardelli per il momento resta in disparte. Dopo un breve dialogo, uno dei due magrebini riprende il Ford Transit e si avvia verso l’uscita; insieme a lui parte anche Magnoli con la Golf, mentre l’altro sale a bordo della Fiat Bravo insieme a Nardelli. A bordo della Golf, il compagno di Magnoli esplicita che Nardelli caricherà “tre pacchetti”, e, in risposta alle preoccupazioni di Rocco, lo rassicura che i due non avranno difficoltà a capirsi, in quanto il trafficante parla italiano. Il Ford Transit imbocca immediatamente l’autostrada A10 in direzione Ventimiglia; la Golf sosta qualche minuto alla Marina di Sestri, prima di immettersi anch’essa in autostrada nella stessa direzione e uscire al casello di Taggia intorno alle ore 13:40.

Perfezionata la cessione, è il momento di pagare i fornitori: incombenza di cui si occupa Sgrò in persona con l’assistenza di Alessio Cavaliere, un altro dei suoi uomini. Il 7 di maggio i due si recano a bordo di una Smart presso il ‘TotalErg’ di via Beglini, ad Arma di Taggia. Nel corso del tragitto discutono di ciò che li attende: devono incontrare altri nordafricani, a cui consegneranno 16.000 euro come anticipo su un totale pattuito di 40mila. Dalla conversazione risulta però chiaro come i patti, in realtà, non fossero quelli. Sgrò dice: Non vorrei che si incazzano adesso… scoppia qualche guerra qua? Se non gli portavi niente ancora ancora… o no? Ne aspettano 40, ne porti 16, cosa c’è, differenza?. All’atto della consegna, uno dei due nordafricani precisa di essere in contatto con Marcello Giovinazzo (“tengo il contatto con Marcello…”), che appare come il tramite tra le parti di questo incontro: Sgrò, infatti, replica che lo farà contattare proprio da Giovinazzo per concordare le modalità di consegna del denaro mancante (“ti faccio mandare un messaggio da Marcello, così ti prendi gli altri 22000…). 22 + 16 fa 36mila euro: 4mila, infatti, erano stati versati come acconto da Sgrò ai fornitori, tramite i Magnoli.

Risaliti sulla Smart, Sgrò e Cavaliere commentano la situazione: Sgrò esprime disappunto nei confronti di Marcello Giovinazzo per averli lasciati soli a gestire l’affare, essendo sceso in Calabria per un matrimonio (“non s’è occupato del trasporto… ma che cazzo… gli diamo fuoco a Marcello eh? Se n’è calato a fare il matrimonio e ci scassano i coglioni qua eh?”); dal dialogo appare poi evidente che Sgrò è un personaggio di rilievo all’interno della struttura criminale. Lo stesso, infatti, sfogandosi afferma: “una struttura del genere… senza di me siete fottuti! Tu riesci a reggere una struttura del genere?”; e Cavaliere: “io oggi ero tranquillo perché dietro c’eri te”.

Trascorre un’altra settimana, e i fornitori continuano a non vedere il loro denaro. Il 14 maggio i Magnoli chiedono via sms a Sgrò di vedersi l’indomani, per risolvere la situazione, perché “c’è troppo casino”. Il giorno dopo, sempre per messaggio, Sgrò esce allo scoperto: non è in grado di consegnare i soldi (“la documentazione”). I Magnoli replicano che in tal caso saranno costretti a riprendersi la droga (“la macchina”) che gli è stata fornita grazie a loro, per non rischiare di rovinare i rapporti privilegiati coi nordafricani. Nonostante la situazione appaia vicina al punto di rottura, una successiva intercettazione ambientale, del 4 giugno, di un dialogo tra Sgrò e il suo partner albanese ‘Luciano’ presso il Bahama Star Cafè di Sanremo dimostra che Sgrò è ancora nella disponibilità di una parte (15 kg) del carico che gli è stato consegnato il 14 aprile.

8 giugno, isola di Martinica: il sequestro dello yacht ‘Relambi’, con 86 kg di cocaina a bordo destinata ai mercati europei

La cessione dell’ingente quantitativo di hashish non è l’unica operazione criminale che i Magnoli hanno in ballo nei mesi in cui si trovano sotto la lente degli investigatori. Antonio ‘Bubu’ Magnoli, scontati quattro anni di reclusione per associazione a delinquere e traffico di stupefacenti, esce dal carcere nel maggio del 2014. Rientrato a Vallauris, riprende immediatamente le redini della sua organizzazione, intensificando in particolare i contatti col trafficante tunisino Atef M’Zati, che abbiamo imparato a conoscere come l’esponente del cartello nordafricano che cura i contatti con i Magnoli e Mauro Da Fiume. M’Zati, a sua volta, viene ascoltato in più occasioni conversare con un ‘collega’ marocchino a cui si riferisce col nome di Said: il 21 febbraio i due discutono dell’esportazione via nave di 400 kg di hashish che dovranno essere “scambiati” con altro tipo di droga, in un luogo all’epoca non individuato dagli inquirenti. Sempre in quei giorni, M’Zati chiama e incontra uno skipper, Cyrille Vautier (“Le Bres”), che conosce i Magnoli e in particolare Rocco, avendo intrattenuto con lui in passato rapporti di carattere economico. Vautier sarà poi colui che consegnerà a Said i 10.000 euro necessari per l’acquisto dei 400 kg, soldi che M’Zati si adopera per recuperare dai soggetti coinvolti a vario titolo nell’operazione.

E qui entrano in gioco, ancora, i Magnoli. Uno dei finanziatori dell’affare, Vincent Boe, è restio a pagare: M’Zati cerca di ricorrere al carisma e alla forza di intimidazione dei Magnoli per convincerlo. Quasi tutti i giorni Atef fa la spola tra Antibes (dove incontra Boe) e Vallauris, in particolare il Fanny Club, locale di proprietà di Marcello Giovinazzo. Il 13 marzo M’Zati porta anche Boe a Vallauris, e insieme colloquiano con i fratelli Magnoli. Nel frattempo continua a essere pressato da Said e da Vautier, che insistono per avere i soldi al più presto: il 14 marzo Vautier si adira con Atef, minacciando che se la situazione non si sbloccherà in fretta la droga non potrà partire quella settimana come previsto, in quanto “il tempo sta per cambiare”. Il 15 marzo, M’Zati si arrende: “quei figli di puttana non hanno dato tutti i soldi” (si riferisce a Boe e al socio di questi Marc Cornille), dice parlando con Said, ma alla carenza supplirà “un amico”, presumibilmente riferendosi ai Magnoli. Il nodo è sciolto, e finalmente il 17 marzo Atef M’Zati può partire per il Marocco e completare il pagamento.

Dopo il 19, giorno in cui M’Zati fa rientro in Francia dal Marocco, i contatti telefonici tra le utenze intercettate si fanno meno frequenti: segno che la barca ha preso il mare, e l’affare è in corso di realizzazione. Vautier inizia a contattare Vincent Vouland, un collega skipper, colui che è al timone dell’imbarcazione a vela ‘Relambi’ su cui verrà caricata la cocaina. Vouland viene messo in contatto con Julio Colombo, di Montpellier, che caricherà materialmente la droga a bordo del natante.

In sintesi, scrive il pm nel decreto di fermo, le attività di indagine, supportate dai servizi di osservazione diretta, di intercettazione telefonica e ambientale, di video ripresa e di localizzazione satellitare, hanno dimostrato i numerosi incontri che Magnoli Rocco, Magnoli Antonio e Giovinazzo Marcello, nel loro ruolo di co-finanziatori, hanno avuto con M’Zati Atef, da considerarsi il dominus dell’operazione illecita che ha favorito il trasferimento dal Marocco all’isola di Martinica del quantitativo di kg 400 di sostanza stupefacente del tipo hashish dietro il corrispettivo imbarco di 86 kg di cocaina contenuto in 79 pacchi stivati a bordo del vettore marino a vela denominato ‘Relambi’ controllato dalle Autorità competenti in acque internazionali al largo delle coste dell’isola caraibica in data 8 giugno. Chiari sono altresì i contatti degli indagati italiani oggetto del presente provvedimento di fermo con i soggetti di origine francese (Vincent Boe, Marc Cornille, Cyrille Vautier e Julio Colombo), che hanno poi procurato l’imbarcazione (Relambi) e lo skipper (Vincent Vouland) per condurla dalla Martinica.

Lo yacht Relambi è stato sequestrato, l’8 giugno, dalla Marina Militare francese al largo di Martinica, da dove era appena salpato. Carmelo Sgrò, Alessio Cavaliere e Francesco Nardelli sono stati fermati a Sanremo dalla polizia italiana, e tradotti nel carcere di Imperia. Nella stessa giornata, in Francia, venivano arrestati Vincent Boe, Cyrille Vautier e Marc Cornille. Il fermo non ha potuto essereImmagine eseguito nei confronti dei fratelli Magnoli, Giovinazzo e Atef M’Zati, tuttora irreperibili. Il Gip di Genova, Maria Teresa Rubini, ha concesso la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Sgrò e Nardelli, imponendo invece i domiciliari ad Alessio Cavaliere.

Questa vicenda ci apre una finestra sulle caratteristiche di un potere criminale esteso e strutturato, che vanta collegamenti con reti di trafficanti internazionali e ha scelto la nostra regione come terra di conquista. Non solo a Procure e forze di Polizia, ma a tutti noi in quanto cittadinanza sta il compito di vigilare e agire in modo consapevole affinchè gli affari mafiosi possano svolgersi sempre meno agevolmente in mezzo a noi, nelle nostre città.