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In occasione dell’arresto di Matteo Messina Denaro, l’Osservatorio Boris Giuliano ha collaborato con il web-magazine “Frammenti di Storia” rilasciando cinque brevi riflessioni su quanto accaduto.

1️⃣ 𝗜𝗹 𝗱𝗼𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗺𝗲𝗺𝗼𝗿𝗶𝗮.

Giuseppe Di Matteo. Così si chiamava quel bambino che, a soli quindici anni, fu strangolato e sciolto nell’acido su ordine – tra gli altri – di Matteo Messina Denaro, come gesto di ritorsione nei confronti del padre del bambino (Santino Di Matteo) che aveva deciso di collaborare con la giustizia. Per noi Giuseppe Di Matteo dovrebbe essere un perfetto sconosciuto. Giuseppe sarebbe dovuto andare a scuola, giocare a pallone con gli amici, scoprire le meraviglie della vita. Invece, purtroppo, ogni anno – il 21 Marzo – il suo nome riecheggia in un elenco di vittime innocenti che vorremmo non aver mai dovuto compilare. Ecco perché, con l’arresto di Matteo Messina Denaro, il nostro primo pensiero non può che andare a Giuseppe, perché il suo ricordo viva dentro di noi e ci guidi ogni giorno verso una Società Libera dal puzzo del compromesso mafioso e dall’indifferenza.

2️⃣ 𝗧𝗿𝗲𝗻𝘁’𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗲𝗻𝘁𝗶𝗿𝗹𝗶.

Sì, è vero, trent’anni sono tanti, troppi. Ma quando nel 1982 Rognoni e La Torre proposero l’introduzione del reato di associazione mafiosa nel codice penale, presentando al Parlamento un testo di legge che conteneva le parole “intimidazione, assoggettamento ed omertà”, non lo fecero per caso. I due parlamentari, che pagarono l’introduzione dell’articolo 416-bis con la loro stessa vita, sapevano che la forza della mafia deriva dalla società, una società collusa, contigua, impaurita o semplicemente indifferente, che ora come allora consente alla mafia di prosperare e – all’occorrenza – di nascondersi. Ecco perché noi, tutti noi, nel momento in cui decidiamo di girarci dall’altra parte, di non interessarci, di convincerci che il problema non ci riguarda, siamo in parte i primi responsabili di una latitanza durata trent’anni. È dunque nostro compito impegnarci ogni giorno, mediante la memoria; mediante l’informazione; mediante la cittadinanza attiva. Perché, dopotutto, la mafia è un fenomeno umano, e come tale può avere – ed avrà – una fine.

3️⃣ 𝗠𝗼𝗿𝘁𝗼 𝘂𝗻 𝗰𝗮𝗽𝗼 𝘀𝗲 𝗻𝗲 𝗳𝗮 𝘂𝗻 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗼.

“Ma sì, tanto lo hanno già sostituito. C’è subito un altro al suo posto”: questo è solo uno dei tanti luoghi comuni che hanno accompagnato la cattura di Matteo Messina Denaro. Ma approcciare il tema in modo semplicistico, frettoloso, a tratti banale, è forse uno degli errori più gravi che si possono commettere quando si parla di mafia. “La mafia non è un ufficio. Per fare un capo mafia ci vogliono anni e anni. Serve carisma, capacità, serve una biografia violenta che lo legittimi agli occhi dei suoi interlocutori”. Così Nando Dalla Chiesa, a poche ore dall’arresto, ha commentato l’erronea convinzione dell’immediata sostituzione, invitandoci a parlare di mafia con serietà e cognizione di causa, invitandoci a non arrenderci all’ignoranza militante. Perché la mafia è fenomeno complesso, e come tale dev’essere trattato, compreso e contrastato.

4️⃣ 𝗣𝗮𝗿𝗹𝗶 𝗼𝗿𝗮 𝗼 𝘁𝗮𝗰𝗰𝗶𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲?

Parlerà? Collaborerà? Si pentirà? Ad ora non sappiamo quale sarà la risposta a questi interrogativi. Quel che è certo è che, se dovesse scegliere la via della collaborazione, Matteo Messina Denaro potrebbe rivelare una serie di informazioni che rappresentano la “scatola nera” del periodo stragista e più in generale della storia italiana più recente. Ma è legittimo chiedersi perché mai un mafioso dovrebbe decidere di pentirsi. Poco meno di due anni fa il mafioso stragista Giovanni Brusca, da tempo collaboratore di giustizia, venne scarcerato in mezzo ad un mare di polemiche. Tra le tante voci indignate se ne levò una in particolare, che si disse “amareggiata” ma consapevole del fatto che le leggi sui pentiti, volute da suo fratello, fossero necessarie per la lotta alla mafia. Era Maria Falcone, sorella di Giovanni. Perché fu proprio la lungimiranza di Giovanni Falcone a favorire la nascita delle leggi sui pentiti. Solo il tempo ci dirà dunque se Matteo Messina Denaro deciderà di pentirsi sfruttando il favore di queste leggi; o, semplicemente, confermandoci che Giovanni Falcone era un uomo avanti, e che forse per questo pagò con la sua vita.

5️⃣ 𝗠𝗶𝗹𝗹𝗲𝗻𝗼𝘃𝗲𝗰𝗲𝗻𝘁𝗼𝗾𝘂𝗮𝗿𝗮𝗻𝘁𝗼𝘁𝘁𝗼.

Matteo Messina Denaro è malato. Al momento dell’arresto si trovava all’ospedale per delle cure oncologiche. Ecco perché, a poche ore dall’arresto, è diramata immediatamente la notizia che al Boss sarebbero state garantite le cure di cui necessita. Ma è proprio necessario? Perché lo Stato dovrebbe curare uno stragista che ha sulla coscienza centinaia di vittime? Perché mai lo Stato dovrebbe restituire restituisce la dignità anche di chi la dignità l’ha persa togliendola ad altri? Nel 1948, quando i Padri Costituenti scrissero la Costituzione sul sangue e sui cadaveri della Seconda guerra mondiale, gli stessi introdussero nella Carta, fra gli altri, un articolo che tutelava la salute come diritto fondamentale dell’individuo: e lo fecero perché i Padri Costituenti avevano in mente un’idea di Stato come di un’entità che fosse qualcosa di più di un sistema fondato sull’odio, sulla vendetta, sul sangue. È nostro compito far nostro, ancora oggi, questo credo: perché lo Stato è qualcosa di più del sistema mafioso; perché lo Stato qualcosa per cui vale la pena impegnarsi.

In evidenza: Foto di David Salamanca su Unsplash