Il percorso che porta un bene appartenuto alla criminalità organizzata dal suo sequestro sino al riutilizzo presenta alcune fasi molto delicate: una di queste è quella che intercorre tra la confisca definitiva, quindi la fine del lavoro della magistratura, e l’effettiva consegna del bene all’associazione o l’ente che lo avrà in gestione, durante la quale spesso il bene cade del dimenticatoio anche per via di tempi molto lunghi (infatti, il tempo tra sequestro e consegna si stima, in media, in dieci anni).
Se fino a qualche anno fa capire quali erano i beni destinati ad un comune era particolarmente complesso, in quanto non vi era un archivio unico nazionale, nel 2010 viene inaugurata l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) che centralizza la gestione dei beni dopo la confisca.
Ciononostante, solo dal 2017 è online OpenRegio, la piattaforma governativa aperta per conoscere gli indirizzi dei beni confiscati, che ha finalmente permesso di trattare l’argomento beni confiscati in un modo unitario a livello nazionale e di sapere quali beni confiscati siano presenti in ogni comune.
Questo sistema presenta tuttavia innegabili difficoltà dal punto di vista dell’individuazione del bene dopo la sua destinazione. Infatti, dopo che l’Agenzia ha emesso un decreto di destinazione, non vi è alcun monitoraggio di cosa accada, e l’indicazione sull’apposita colonna presente nella piattaforma, coerente con il dato normativo che richiede la raccolta e la messa a disposizioni dei dati, risulta al cittadino vaga e poco comprensibile.
Dall’esigenza di fornire una risposta nasce, nel 2015, una collaborazione tra OpenData, Libera e la Fondazione TIM finalizzata a raccogliere e monitorare in un unico portale nazionale le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati e le azioni di cittadinanza attiva in merito: il portale di Confiscati Bene 2.0, infatti non solo elenca quali siano i beni e dove si trovano, ma ne racconta anche la storia e cosa rappresentano, coinvolgendo altresì la società civile e mappando non solo i beni, ma anche le associazioni e le istituzioni.
Nel sito infatti troviamo la sezione Partecipa dove è sempre accesso lo scambio di informazioni e consigli su chi segue i percorsi verso la riassegnazione dei beni confiscati in Italia, e una sezione dedicata ai gestori di realtà riassegnate e le istituzioni che abbiano nel proprio patrimonio dei beni confiscati, che possono registrarsi al portale.
Per ogni bene riassegnato è compilata una scheda, che permette così agli utenti di “monitorare” il bene e, anche, di segnalare qualora non risulti effettivo il riutilizzo dichiarato.
Un’attività molto interessante del portale è #EsciliBene: secondo le norme del Codice Antimafia, infatti, le amministrazioni comunali che abbiano nel proprio patrimonio un bene confiscato devono caricare sulla sezione “amministrazione trasparente” del proprio sito istituzionale un elenco apposito di questi beni. Spesso questo non viene fatto.
#EsciliBene offre la possibilità di mandare delle richieste di accesso civico semplice per “invogliare” le amministrazioni inadempienti alla pubblicazione dell’apposito elenco.
In Liguria, di undici comuni nel cui territorio si trovano beni confiscati, solo due di questi (Genova e Sanremo) avevano già pubblicato l’elenco apposito. Successivamente, hanno pubblicato l’elenco anche i comuni di Arcola, La Spezia, Sarzana, Villanova d’Albenga.
Ciononostante, alcuni comuni pubblicano l’elenco dei beni confiscati insieme agli altri beni (non confiscati) del proprio patrimonio comunale, nonostante che il Codice Antimafia precisi che debba esistere un elenco apposito, separato dagli altri, specifico per il patrimonio confiscato, proprio per agevolarne il monitoraggio civico.