Bologna
Tutor: Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale Legambiente
Relatori:
- Alessandro Bratti, parlamentare Pd, presidente Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti
- Giuseppe Giove, comandante regionale del Corpo Forestale dello Stato dell’Emilia Romagna
- Salvatore Micillo, parlamentare M5S, co-firmatario della proposta di legge sugli ecoreati
- David Zanforlini, presidente nazionale del Centro di azione giuridica di Legambiente
L’incontro è stato introdotto dal presidente nazionale Legambiente, il quale ha fatto riferimento a dati che mettono in evidenza quanto sia fondamentale il tema della tutela ambientale, sia per un vivere civile sia per l’economia. L’oggetto del seminario è il d.d.l. ecoreati, di iniziativa parlamentare, già approvato dal Senato con una ampia maggioranza trasversale, ed in attesa di essere approvato in terza lettura dalla Camera dei Deputati.
Nonostante le opinioni divergenti di Confindustria, la quale ritiene che l’introduzione di un efficace sistema di regole rigide e sanzioni sia pregiudizievole per l’economia nazionale, Legambiente e le altre associazioni che la sostengono in questa battaglia ritengono che l’inserimento di tali norme avrebbe l’importante effetto di rendere più uguali le imprese fra loro.
L’Istituto Piepoli ha evidenziato che più del 70 % della popolazione italiana è favorevole all’inserimento di regole più dure e standard in tema di qualità ambientale; non a caso alla campagna di Legambiente si sono unite associazioni di vario genere, anche di categoria.
Per la disamina del problema è essenziale la distinzione tra economia buona e cattiva.
L’economia buona è quella nella quale operano le imprese che fanno scelte compatibili con l’ambiente; l’economia cattiva, invece, è tipica delle imprese che ottengono profitto svolgendo attività che impatta negativamente sull’ambiente.
La ratio delle norme congegnate consiste nel pretendere che le imprese sane siano avvantaggiate rispetto alle altre: deve instaurarsi un meccanismo per cui le imprese che stanno nell’economia buona cacciano quelle che operano nell’ambito dell’economia cattiva. Ovviamente, per il funzionamento di tale meccanismo, è necessario che alla predisposizioni di rigide regole si accompagnino controlli maggiori ed efficaci.
Ulteriori modifiche del d.d.l. da parte della Camera dei Deputati farebbero tornare il provvedimento al Senato in quarta lettura, e quindi produrrebbero il rischio concreto di farlo affossare definitivamente; questo è il motivo per cui è necessario che esso venga approvato senza cambiare neanche una virgola. Peraltro, i tentativi di introdurre ulteriori modifiche, e quindi di ostacolare l’approdo del testo originario, appartengono a soggetti indirizzati politicamente sia a destra che a sinistra, e questo dimostra la trasversalità degli interessi in gioco.
Ulteriori previsioni in materia sono necessari, soprattutto in merito alle tematiche della depenalizzazione, della prescrizione e del dissolvimento del Corpo Forestale, tuttavia è opportuno che siano rimandate a un momento successivo.
Dal 1995 esiste la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. Negli negli ultimi 20 anni sono stati accertati trentamila reati ambientali, e solo il 40 % di essi nelle zone a infiltrazione mafiosa. Si deduce che in materia non bisogna ragionare esclusivamente sulla base del binomio reato ambientale – associazione di stampo mafioso; si è sviluppato un business illegale che non necessariamente coinvolge la criminalità organizzata e che ha un guadagno stimato in 18 miliardi di euro.
La normativa attuale consente alle imprese di fare soldi rischiando poco per la commissione di reati ambientali. Questi ultimi sono sempre stati disciplinati come fossero di “serie b”, configurandoli come contravvenzioni; ne derivano brevi termini di prescrizione e l’impossibilità di utilizzare gli strumenti di indagine che la legge prevede per i soli delitti.
L’operazione GreenLand rappresenta una pietra miliare nella lotta alle ecomafie. Il 13 febbraio 2002 la Procura della Repubblica di Spoleto ha emesso la prima ordinanza di custodia cautelare per traffico illegale di rifiuti; la spazzatura proveniva dal Centro e Nord Italia ed era smistata illecitamente in Toscana, Lazio, Marche, Lombardia, Veneto, Campania e Puglia attraverso un escamotage che ha fatto scuola: la falsificazione della carta di identità dei rifiuti (i codici Cer) in maniera da “trasformare” un rifiuto pericoloso in qualcosa di sicuramente meno oneroso per lo smaltimento. In questa maniera notevoli quantità di rifiuti contenenti metalli pesanti sono stati immessi nei più svariati flussi illeciti per farne perdere le tracce, oppure sono stati riversati su terreni destinati alla coltivazione compromettendo corsi d’acqua di rilevante importanza storico-paesaggistica.
Negli stessi anni, il rapporto Ecomafia 2003 dedica un capitolo alla terra dei fuochi, termine con cui Legambiente per prima si riferisce all’area tra le province di Napoli e Caserta, dove le discariche abusive bruciano senza fine; viene raccontato di molteplici ordinanze con cui le autorità, già allora, vietavano di coltivare nelle terre contaminate dalla combustione di sostanze.
Quali sono i contenuti del d.d.l.? Il d.d.l. intende inserire nel libro II del codice penale il Titolo VI-bis, interamente dedicato agli ecoreati. La riforma vuole introdurre cinque delitti contro l’ambiente :
1) inquinamento ambientale
2) disastro ambientale
3) delitti colposi contro l’ambiente
4) traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e materiale a radiazioni ionizzanti
5) impedimento del controllo
Inoltre vengono previste sanzioni alle imprese che si siano avvantaggiate dalla commissione degli ecoreati e novità in tema di confisca e ravvedimento operoso. Il ravvedimento operoso intende premiare chi, dopo aver commesso il fatto, si adopera al ripristino dello stato dei luoghi inquinati: la pena non viene meno, ma è ridotta.
Dolo o colpa? La questione circa l’elemento soggettivo che deve sorreggere gli ecoreati si risolve considerando che l’80 % dei disastri ambientali sono imputati alla colpa del responsabile; questo è il motivo per cui è impensabile colpire soltanto i soggetti che agiscono dolosamente.
Un’altra novità del d.d.l. è il divieto di alcune tecniche esplosive per le esplorazioni e ricerche petrolifere sottomarine, con l’introduzione della pena della reclusione.
E’ prevista, ancora, un’aggravante ambientale, che scatta quando un fatto già previsto come reato è commesso allo scopo di eseguire uno o più tra i delitti ambientali previsti dal codice dell’ambiente o da un’altra legge a tutela dell’ambiente.
L’On. Alessandro Bratti, che presiede la Commissione parlamentare d’inchiesta, ha più volte sottolineato l’inefficacia della normativa ambientale attuale. La riforma che si auspica è volta a fare evolvere l’economia sana del paese; è necessario un sistema di norme che consenta da un lato di semplificare le procedure burocratiche, ma dall’altro di non perdere di vista l’efficienza dei controlli. Non dovrebbero esserci differenze su base territoriale nei controlli effettuati dalle Agenzie competenti.
A Genova, Palermo e Venezia ci sono indagini relativi a fenomeni riconducibili ad un unico schema: presenza di un dirigente apicale della pubblica amministrazione che viene corrotto da imprenditore malavitoso, al fine di autorizzare un illegittimo allargamento di discarica. Emerge come in questi casi non si parla di mafia, ma di un fenomeno criminoso a stampo corruttivo.
Un’altra questione cavillosa è quella per cui i privati operanti tramite società, spesso nel momento in cui vengono sottoposte ad indagine, si sciolgono e si ricostituiscono in altra forma, talvolta altrove, continuando nella sostanza a esercitare sempre la stessa attività illecita. Un esempio è quello della Stoppani s.p.a., azienda chimica con stabilimento di produzione a Cogoleto, la quale ha causato gravi situazioni di inquinamento sul territorio e ora continua la produzione di cromo in Uruguay.