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FESTIVAL DELLA CRIMINOLOGIA: IL LATO OSCURO
Sabato 11 gennaio 2020, Sala del Maggior Consiglio, Palazzo Ducale

Dopo le fortunate edizioni degli scorsi anni, Genova è ritornata teatro del Festival della Criminologia, dedicato al “lato oscuro”, di tanti uomini, fenomeni, vicende.
Sabato pomeriggio hanno condiviso il tavolo dei relatori il Procuratore Nazionale Antimafia De Raho, il Generale dei Carabinieri Sciuto (in servizio alla DCSA) ed un agente undercover, già protagonista di importanti operazioni antidroga su scala internazionale.
Il traffico di stupefacenti è, senza dubbio, la principale attività criminale delle organizzazioni mafiose; in tale settore, la ‘ndrangheta è divenuta leader incontrastata. Grandi passi in avanti, però, si sono registrati in materia di cooperazione investigativa internazionale. Eccezionale si rivela, nel contempo, il contributo della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Dogane; Il Centro Analisi, situato a Roma, consente infine di capire l’entità del carico di ogni spedizione.

Dal Sudamerica alla nostra penisola: di recente, sono stati arrestati i fratelli Assisi a San Paolo, in Brasile, ‘ndranghetisti operativi in Piemonte. Al momento del loro arresto è stata trovata ingente quantità di cocaina ed una tale mole di denaro che è stato necessario pesarlo, anziché contarlo.
Le ‘ndrine vantano, da tempo, un folto apparato di uomini, tanto in Sud America, quanto in Italia, direttamente incardinato in tutto il sistema portuale: “spedire, ricevere, far entrare e smistare lo stupefacente”. E’ stato scoperto, per esempio, che a Panama la ‘ndrangheta era riuscita a piazzare un comandante, in pensione, per trasportare oltre 400 kg di coca in Italia.
Tradizionalmente Gioia Tauro era il porto principale di approdo della merce: qui dalla metà degli anni Novanta la società di rizzaggio pagava ai Piromalli 1 dollaro e 50 per ogni container movimentato. Negli ultimi tempi, tuttavia, la città calabrese è finita nel mirino degli inquirenti, sicché le cosche hanno dovuto scegliere nuove rotte: su Livorno e Genova, soprattutto, è ricaduta la scelta. Il Procuratore De Raho ha evidenziato l’aumento di sequestri di stupefacente proprio nel porto di Genova, a seguito della delocalizzazione operata dalla ‘ndrangheta. Nel dicembre 2018, in un’importante operazione, sono state bloccate quasi 2 tonnellate di droga nel capoluogo ligure
Nell’ultima relazione della DNA si afferma esplicitamente che esiste una struttura servente nei terminal: De Raho ha constatato con amarezza che mentre “un tempo l’ organizzazione portuale neutralizzava il malaffare, ora è sovente al servizio della criminalità. Le ‘ndrine sono riuscite ad infiltrare chi opera professionalmente nel porto”.
Per fare un esempio, all’interno di uno scalo portuale gli automezzi con certi marchi/insegne possono girare tranquillamente, in quanto conosciuti; è fondamentale per le cosche accaparrarsi detti mezzi per movimentare la loro merce: ciò è possibile solo con la complicità di chi lavora in porto. Il Procuratore, peraltro, ha sottolineato come detti soggetti compiacenti sono talora “anche di livello medio-alto, non per forza solo gli addetti al carico-scarico”.

Volgendo lo sguardo, più in generale, alla penetrazione mafiosa nel Nord Italia, ci si è soffermati sulla straordinaria capacità delle mafie di assorbire soggetti sani. Questa è la nuova frontiera: non si assiste più al mero reinvestimento speculativo, ma ad un meccanismo più subdolo. Ormai gli ‘ndranghetisti catturano l’interesse di amministratori di società, che hanno bisogno di danaro – in un momento storico in cui è difficile accedere al canale bancario – e finiscono per impadronirsi di tali attività senza neppure comparire formalmente.
Il Procuratore ha raccontato la vicenda di un ingegnere milanese, a capo di una srl in stato di decozione, che grazie ai soldi sporchi è riuscito a riprendersi economicamente, al punto da trasformare la società in una spa e partecipare ad Expo 2015. Purtroppo però, dietro le apparenze, era divenuto un vero e proprio schiavo dei boss: eseguiva puntualmente tutto ciò che gli venisse ordinato. Non potendo poi restituire il danaro ricevuto in prestito, si era visto costretto a cedere “sulla parola” la propria società alle cosche. Era bastata una telefonata intimidatoria: non serve un contratto in certi contesti.
Ecco il nuovo scenario: formalmente la società rimane pulita e di proprietà di un tizio estraneo al mondo criminale, incensurato ecc. Ma dietro di lui si cela la ‘ndrangheta… Il problema successivo è che, spesso, l’imprenditore, inizialmente vittima, finisce per lasciarsi andare, accetta di buon grado i servizi offerti: da vittima diventa carnefice, concorrente nel reato.
Di grande interesse, infine, si è rivelato il focus sulle operazioni speciali “undercover”, che mirano a disarticolare i sodalizi criminali infiltrando degli agenti in tali consessi. La prassi, già in voga negli anni ’90, ha finalmente rinvenuto una precisa regolamentazione grazie alla l. 146/2006, e successive modifiche, con la quale si è strutturata una scriminante speciale, una causa di giustificazione atipica, che rende, di fatto, lecite alcune condotte – di per sé penalmente rilevanti – poste in essere dagli agenti infiltrati, nell’ambito di precise disposizioni investigative. Il limite invalicabile è costituito dalle condotte di tipo “istigatorio”: l’agente undercover non può mai provocare un nuovo reato, ma deve limitarsi alle condotte di osservazione-controllo-contenimento. Nell’ambito di queste operazioni, risultano non punibili gli ufficiali di pg, nonché i loro ausiliari (nominati dall’A.G.), o ancora le interposte persone. Come ha raccontato, per diretta esperienza, l’agente intervenuto – col volto coperto da un passamontagna e dall’identità non rivelata – si tratta di strumenti pericolosi, che implicano (tra le altre cose) una coltre di bugie da sottoporre ai propri familiari; ma si tratta del modo migliore per scardinare dall’interno e smembrare un sodalizio. E’ richiesta grande pazienza, molto tempo, denaro “buttato”; intere serate trascorse a chiacchierare, apparentemente di cose inutili… Bisogna guadagnarsi la fiducia del malavitoso: solo così, attraverso  l’acquisto simulato di una certa quantità di sostanza stupefacente, possono essere individuati e colpiti grandi trafficanti.