La ricostruzione dei fatti avanzata dai giudici, sembra non lasciare spazio a interpretazioni: a fine aprile 2007 tre persone, attraverso minacce e intimidazioni, avevano costretto il titolare della ditta, Mauro Costa, a consegnare loro 3.000 euro come acconto di un’ulteriore somma che prima veniva quantificata in 35.000 euro e successivamente in 80.000 euro da versare mensilmente. Protagonisti del fatto sono Daniele Faenza, classe 1985, nipote di Antonio Romeo (indicato nell’inchiesta “Maglio 3” come vertice del locale di ‘ndrangheta di Sarzana[1]), Leone Stelitano, classe 1986, e Giuliano Romeo, cugino di Antonio Romeo. Ciò che offrono i tre non sembrerebbe discostarsi molto da quanto già osservato in alcune vicende criminali spezzine degli anni Ottanta[2]: «Faenza Daniele e Stelitano Leone, dietro previo espresso incarico di Romeo Giuliano, dipendente di Costa Mauro, si recavano presso l’abitazione del Costa e gli dicevano che erano stati mandati dal suddetto Romeo Giuliano per concludere con lui un “contratto” per la protezione e la sorveglianza dello stabilimento»[3] della società, proprio in virtù dell’attentato subito nel settembre 2006[4]. Pochi giorni dopo Faenza sollecita telefonicamente Costa, avvertendolo che «le cose avrebbero preso una piega diversa». A inizio maggio viene fissato un nuovo incontro, nel parcheggio di un centro commerciale sito a Santo Stefano di Magra, tra Albiano e Sarzana: «in tale occasione i due minacciavano ulteriormente il Costa dicendo che per porre in essere la “protezione” il Romeo si era rivolto a soggetti malavitosi di provenienza calabrese, i Morabito di Lavagna, i quali in caso di mancato pagamento sarebbero intervenuti ponendo in essere azioni delittuose nei confronti del Costa»[5]. L’intervento degli inquirenti blocca il piano criminoso e per i tre inizia il confronto con la giustizia. Nell’udienza del 19 gennaio 2010, di fronte al giudice dell’udienza preliminare Diana Brusacà, l’avvocato difensore di Stelitano e Faenza chiede il patteggiamento: 2 anni e 4 mesi per il primo, 2 anni e 8 mesi per il secondo. Il fascicolo di Giuliano Romeo finisce a Genova, dove patteggia due anni di reclusione.
Sui contorni della vicenda, però, aleggiano tanti quesiti irrisolti. L’ex moglie di Giuliano Romeo, intercettata mentre parlava con quest’ultimo, «asseriva di essere venuta a conoscenza […] che il Romeo e il Faenza sarebbero anche gli autori del grave danneggiamento avvenuto nel mese di settembre 2006, in danno dell’azienda di Costa Mauro»[6]. Un’ipotesi supportata anche dalle dichiarazioni dello stesso Costa: ai poliziotti racconta che Romeo si presentò poco dopo il danneggiamento, provocato grazie all’uso di un mezzo i cui comandi sono manovrabili da personale specializzato come il Romeo, uno degli unici tre dipendenti autorizzato alla guida. Una spiegazione, però, che non trova altri riscontri nelle carte processuali.
Ma altre questioni, forse più inquietanti, emergono dalla storia: qual è il rapporto tra i protagonisti di queste vicende spezzine e i protagonisti dell’inchiesta “I conti di Lavagna”, accusati di appartenere alla ‘ndrangheta? Si può affermare che filo che lega Sarzana a Lavagna è duplice: non solo Mauro Costa collabora da almeno un decennio con i Nucera, ma in un’intercettazione anche Daniele Faenza dice di essere in contatto con loro, che sono buoni amici e che li conosce sin da bambino.
Curiosi incroci nel Levante ligure. Una terra tutta da scoprire.
[1] https://mafieinliguria.it/processo-maglio-3/
[2] Si vedano i paragrafi 2 e 3 del capitolo V del libro “Il confine”: https://form.jotformeu.com/61674997449376
[3] Procura della Repubblica della Spezia, Richiesta di rinvio a giudizio del 16.12.2008, n. 1728/07/21/24 R.G. notizie di reato, p. 2.
[4] Si veda II Capitolo della rubrica.
[5] Ibidem.
[6] Questura della Spezia, Comunicazione del 13.06.2007, proc. Pen n. 1728/07/21/24