Dizionario di mafia e antimafia
Ecomafie: quando un’organizzazione criminale di stampo mafioso conduce attività illecite che recano danno all’ambiente (tipicamente il lucroso smaltimento illecito dei rifiuti) viene definita ecomafia. Il termine ecomafia è stato coniato dalle associazioni ambientaliste impegnate suo territori nel contrasto a questo genere di fenomeni.
Solo nel 2015 il nostro Paese si è dotato di strumenti penali specifici per contrastare gli ecoreati. Questa riforma del codice penale oggi permette più agevolmente di perseguire le organizzazioni mafiose.
Quanto segue è il resoconto dell’incontro tenutosi con l’avv. Bigliazzi (Legambiente), con il quale abbiamo discusso della nuova legge 22 Maggio 2015, n. 68, “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”.
1) Qual è il suo giudizio complessivo su questa legge?
In generale è molto positivo: va ammesso che ci sono delle parti in cui magari è scritta in modo anomalo, ma il risultato concreto sta nel fatto che, finalmente, nell’ordinamento sia presente il reato di disastro e di inquinamento ambientale, sia in forma dolosa che in forma colposa. Ci sono poi altri reati, altrettanto rilevanti, come il traffico di materiale radioattivo e l’omessa bonifica, nonché una serie di procedure collaterali come il ripristino dello stato dei luoghi. Inoltre la polizia giudiziaria ha la possibilità di fornire delle prescrizioni preventive alle aziende: qualora venga individuato un fatto che costituisce reato, queste hanno un determinato periodo di tempo per rimuoverlo, causando così l’estinzione del reato ed evitando il ricorso alla disciplina penale.
La legge ha un’importanza fondamentale perché prima non esisteva una norma appositamente dedicata a questi fenomeni: nell’inerzia del legislatore, la giurisprudenza aveva dato vita ad un’interpretazione molto lata dell’articolo 434 del codice penale, in tema di “disastro innominato”. Ma si trattava pur sempre di una costruzione giurisprudenziale, non priva di criticità (si veda il Caso Eternit), non di una vera e propria disciplina legislativa, come invece accade ora. E va poi sottolineato come la nuova legge non solo riprenda tutti gli elementi presenti nella disciplina precedente, ma aumenti anche alcune sanzioni e i termini di prescrizione, che sono raddoppiati.
2) La polemica principale è nata attorno all’avverbio abusivamente, qual è la sua posizione a riguardo?
Le polemiche, secondo me, non hanno molta ragion d’essere. Ci si riferisce semplicemente al fatto che alcune attività industriali necessitino di una autorizzazione, ma è ovvio che questa debba essere data secondo determinate regole e che non possa essere concessa in ogni situazione. E allo stesso modo la persona a cui è destinata questa autorizzazione deve, a sua volta, rispettarne il contenuto: se tutti questi requisiti ci sono, non può esserci un reato. La disciplina precedente era identica, perché l’autorizzazione era pur sempre necessaria; andava rispettata, non aggirata e fornita nel rispetto di ulteriori regole. Il termine abusivamente non salva chiunque abbia un’autorizzazione, anche se poi bisogna sempre considerare la buona e la mala fede del soggetto. Concludo ricordando che la norma che punisce il traffico illecito di rifiuti contiene lo stesso avverbio: eppure questa norma è stata applicata molto bene in diverse situazioni.
3) Ritiene che la Liguria sia una Regione interessata da fenomeni di inquinamento e/o disastro ambientale?
Il caso Stoppani, in cui Legambiente era parte civile, secondo la dizione della vecchia norma era etichettato come disastro ambientale: da questo punto di vista posso quindi rispondere di sì, la Liguria è stata interessata da un caso di disastro ambientale. In questa situazione il fatto è stato accertato e alcuni soggetti sono stati condannati in I grado: i giudici hanno riconosciuto l’esistenza di un disastro ambientale in Liguria. Nostro malgrado, come spesso accade, il caso si è poi prescritto in appello. Per il resto, in relazione alla nuova legge, è da poco partita un’indagine relativa al dragaggio del porto di La Spezia ove si contesta il reato di inquinamento ambientale. E per concludere non si può non citare il caso Ilva, ma va sottolineato che in questo caso non era contestato il disastro ambientale, perché l’altoforno era stato chiuso molto prima – a differenza di Taranto. Inoltre non si era riusciti a dimostrare la connessione fra una serie di conseguenze di salute degli abitanti e le varie emissioni dell’azienda.
4) Ritiene che nella nostra Regione si siano verificati fenomeni di infiltrazione mafiosa nella gestione e/o nella raccolta dei rifiuti? Se sì, quali?
Innanzitutto è bene ricordare che la nuova legge contiene una disposizione anche per le associazioni mafiose: quando l’associazione è finalizzata a commettere reati di questo tipo, cioè in materia ambientale, le pene sono aumentate: questo è un altro fattore positivo della legge. Per il resto, devo dire che effettivamente non si sa con precisione di casi di infiltrazioni mafiose nella gestione dei rifiuti: tuttavia, il radicamento della mafia, soprattutto nel ponente, è un fatto accertato, almeno in buona parte. Perciò non mi stupirei se si scoprisse qualcosa in merito; sarei molto sorpreso, anzi, dal sapere che le mafie abbiano rinunciato ad investire in questo settore.
Per ulteriori approfondimenti:
Aggiornamento indagini Scarpino 28 marzo 2015