Le misure di prevenzione sono misure social-preventive, dalla natura dibattuta (amministrativa/penale), che possono essere applicate a particolari categorie di soggetti, ritenute pericolose socialmente, e sono dirette ad evitare la commissione di reati.
In ciò si differenziano, pertanto, dalle misure di sicurezza, che presuppongono l’avvenuta realizzazione di un reato (o di un quasi-reato).
Ci sono due tipi di misure di prevenzione, PERSONALI e PATRIMONIALI.
– PERSONALI: possono consistere nell’obbligo di rimpatrio nel comune di residenza (imposto ai soggetti indicati dalla legge 1423/1956, ritenuti pericolosi per la pubblica sicurezza), nella sorveglianza speciale o nel divieto di accedere a determinate manifestazioni sportive.
– PATRIMONIALI: sono state introdotte dalla legge Rognoni-La Torre, al fine di contrastare l’accumulo di ricchezze da parte delle associazioni mafiose.
Possono consistere nel sequestro (un provvedimento provvisorio) o nella confisca (un atto ablatorio da parte dello Stato) dei beni dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza, rinvenuti nella disponibilità diretta o indiretta dell’indiziato di appartenere ad una associazione di tipo mafioso. Scopo di tali misure di prevenzione è l’impoverimento delle organizzazioni criminali e delle persone che sono comunque implicate in fatti delinquenziali.
I soggetti destinatari delle misure di prevenzione oggi sono indicati dall’articolo 1 del Codice Antimafia, il quale sostituisce la legge 327/1988, che aveva a sua volta modificato la suddetta legge 1423/1956.
Ma già in passato, la legge 575/1965, prima, e la 152/1975, dopo, avevano esteso l’applicabilità delle misure di prevenzione ai soggetti appartenenti ad organizzazioni mafiose l’una e a quelli politicamente pericolosi l’altra.
Le misure di prevenzione sono state spesso oggetto di pronunce della Corte Europea dei diritti dell’uomo (CEDU); in seguito la Corte Costituzionale Italiana, riprendendo alcune di queste pronunce, ha avviato un processo di giurisdizionalizzazione, volto ad assicurare che queste misure – nonostante vengano considerate sia formalmente che sostanzialmente di natura amministrativa – siano in futuro trattate come vere e proprie sanzioni penali, irrogabili quindi solo in seguito ad un equo processo.