Nella Relazione della Direzione Nazionale Antimafia del 2016 il porto di Genova viene definito come uno “degli stabili punti di sbarco dei grossi quantitativi di sostanza stupefacente importata dal sud-America”, un approdo che nei decenni passati è stato oggetto di inchieste volte soprattutto a stroncare traffici illeciti di stupefacente, materiale di contrabbando e contraffatto, rifiuti.
Tra le inchieste più importanti degli ultimi trent’anni vi è sicuramente l’operazione “Cartagine” del 1994, che portò la Polizia di Stato a sequestrare “5 tonnellate di cocaina arrivate in Europa dal Sudamerica, per conto di un “cartello” federato composto da gruppi colombiani, siciliani e calabresi” (Relazione I semestre 2018 – DIA).
Ma anche più le operazioni più recenti delle forze dell’ordine e della magistratura hanno fatto emergere come gli interessi delle organizzazioni criminali siano tutt’ora presenti, a tal punto che il Procuratore di Genova Francesco Cozzi ha dichiarato: «Il porto di Genova, assieme a quello di Livorno, è diventato il nuovo crocevia dei traffici illeciti internazionali»
Grandi interessi criminali che si affacciano in un asset fondamentale dal punto di vista economico, produttivo e logistico per la città di Genova, che, secondo la classifica di PortEconomics, nel 2018, nonostante la tragedia del crollo del Ponte Morandi, si colloca al 12° posto nella classifica tra i maggiori porti europei per volumi di merci movimentate tramite contenitori, scavalcando Gioia Tauro e diventando così il primo porto italiano.
Un “sorpasso” economico che, stando alle parole del Procuratore Cozzi, è andato di pari passo con un “sorpasso” criminale: “Il porto di Genova – ha concluso – ha preso il posto di quello di Gioia Tauro”, riferendosi a una delle ultime operazioni condotte dalla Guardia di Finanza, che ha portato al sequestro di due tonnellate di cocaina purissima in transito verso il porto di Barcellona.
Si tratta di traffici illeciti che, per essere portati a compimento, necessitano negli scali di una rete logistica di personale alle dirette dipendenze delle organizzazioni criminali o da soggetti collusi o corrotti operanti all’interno del porto: c’è bisogno di qualcuno titolato ad essere presente sulle banchine, che conosca il territorio (la superficie operativa del Porto di Genova, considerando il bacino cittadino e quello di Pra’ è di circa 7 milioni di metri quadrati), le prassi portuali, il funzionamento dei meccanismi di controllo.
Una delle inchieste più eclatanti da questo punto di vista – per la quale si attendono ancora gli esiti processuali – riguarda un’operazione condotta dalla Guardia di Finanza nell’ottobre del 2015, di cui ci eravamo già occupati, nella quale è risultato essere di fondamentale importanza l’aiuto fornito da due camalli che, vestiti con la divisa d’ordinanza, hanno prelevato il carico di stupefacente arrivato sulle banchine e, con l’auto della Compagnia Unica (che, naturalmente, in queste vicende è parte lesa), l’hanno consegnata a due calabresi vicini ad ambienti ‘ndranghetisti (uno dei quali all’epoca latitante) che li attendevano a poca distanza.
Non solo mafie in Liguria, ma anche aree grigie dove i protagonisti delle vicende criminali non sempre sono mafiosi, ma anche soggetti che, all’interno di queste reti di convergenza, assumono talvolta ruoli centrali, indispensabili per la riuscita del disegno criminoso.