3 anni e mezzo di indagini, 416 indagati, 334 soggetti colpiti da misura cautelare, di cui 260 tradotti in carcere. Quasi 3000 uomini delle forze dell’ordine impiegati e 1263 pagine di ordinanza, nella quale vengono contestati reati gravissimi, tra i quali spiccano associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, intestazione fittizia di beni, riciclaggio.
L’ultima operazione condotta dalla DDA di Catanzaro costituisce l’offensiva più imponente nei confronti del crimine organizzato dai tempi del maxi-processo di Palermo. “Smontare la Calabria come un trenino Lego e rimontarla pian piano”: questa l’immagine utilizzata dal Procuratore Gratteri per spiegare un’inchiesta che intende fare luce sulle cosche del vibonese e sugli uomini-cerniera ad esse contigui, gravitanti nel mondo politico, imprenditoriale e massonico.
“Rinascita-Scott” – questo il nome dell’indagine – è stata ampiamente raccontata dalla stampa e altrove rimandiamo per gli opportuni approfondimenti. In questa sede, tuttavia, pare opportuno soffermarsi su alcuni elementi “collaterali”, che hanno interessato la nostra Regione. La Liguria si conferma, una volta di più, terra di ‘ndrangheta.
Tutto muove da un duplice arresto, oltremodo significativo, che risale a molti anni fa. Era il 3 agosto del 2008 e due soggetti, Domenico Bonavota e Antonio Patania, venivano arrestati, a Genova, poiché in possesso di documenti falsi (carta di identità e patente, per entrambi). Erano già latitanti e, come si scopre ora, si trattava di due affiliati alla locale di S.Onofrio, una di quelle disarticolate dagli inquirenti di Catanzaro.
Alla cellula di S. Onofrio appartiene anche un altro Bonavota, Nicola: dall’ordinanza di custodia cautelare si apprende che questi “aveva il compito di mantenere i rapporti con le ‘ndrine distaccate presenti in Liguria e Piemonte”, oltre ad occuparsi delle sale da gioco e dei bar d’interesse del gruppo situati tra S. Onofrio e Pizzo.
Una parallela indagine condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Genova ha documentato la contestuale presenza di Nicola Bonavota e Antonio Patania a Torino, Milano e Genova (a mezzo di intercettazione ambientale), unitamente ad altri appartenenti al sodalizio, nell’ambito di diversi summit organizzati dal clan Bonavota in Piemonte, Lombardia e Liguria, dove Nicola Bonavota si reca per incontrare i sodali locali tra cui Raffaele Serratore a Torino (referente e fratello di Antonio Serratore, sodale al clan e recluso per reati in materia di armi), ma anche altri soggetti in Milano (referente di Raffaele Cugliari) e Genova (referente di Onofrio Garcea).
Di un certo interesse risulta, poi, la figura di Giuseppe Lopreiato: alle dirette dipendenze di Bonavota Domenico (lo stesso arrestato a Genova nel 2008), eseguiva le sue disposizioni, “accompagnando Fortuna Francesco e Bonavota Nicola nelle trasferte in Liguria e Piemonte per curare gli interessi della cosca, commettendo reati fine del gruppo, quali danneggiamenti, estorsioni, rapine”.
Più in generale, dall’indagine è emerso che Giuseppe Lopreiato e altri soggetti ritenuti appartenenti al sodalizio (Antonio Patania, Gaetano Loschiavo, Raffaele Cugliari e Francesco Pugliese il Biondo) facevano insieme a Nicola Bonavota viaggi per affari, anche all’estero (dall’Ungheria al Canada, passando per Torino, Milano, Genova). Lopreiato
risulterebbe l’uomo di fiducia del maggiore esponente della consorteria criminale sul territorio, Domenico Bonavota, in favore del quale curava tutte le quotidiane necessità, a mo’ di factotum. Dall’intercettazione delle utenze in uso a Giuseppe Lopreiato sono state captate le quotidiane disposizioni a lui impartite dal capo clan, espresse esclusivamente tramite lo scambio di sms dai contenuti quasi sempre criptici.
Gaetano Loschiavo, [….]* e Giuseppe Fortuna si occupavano invece personalmente – rendendone conto all’organizzazione – del reimpiego e del riciclaggio di denaro, nonché della acquisizione o infiltrazione di attività commerciali e società (preferibilmente in condizioni di difficoltà o dissesto economico-finanziario) in Italia settentrionale (Piemonte, Liguria e Lombardia) ed all’estero, in particolare in Ungheria, Inghilterra ed in Russia. Sovente venivano create occasioni di lavoro (reali o fittizie) per esponenti del sodalizio, al fine di acquisire potere decisionale all’interno di tali realtà imprenditoriali e disporre di risorse economiche, indebitamente sottratte dai fondi delle aziende infiltrate.
*Nota di rettifica: sotto questo profilo, l’inchiesta aveva inizialmente coinvolto anche Giovanni Barone, ma la sua posizione è stata successivamente archiviata, con conseguente proscioglimento, già in fase di indagini preliminari, non avendo ricevuto il Barone alcun avviso di conclusione delle indagini (per approfondimenti sul punto si veda Corriere della Calabria, 23.01.2020).
In estrema sintesi, anche nella nostra Regione, secondo gli inquirenti, risultano essere attive delle ‘ndrine distaccate del locale di Sant’Onofrio, facente attualmente capo alla famiglia Bonavota.
A questo proposito, risultano molto interessanti le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che hanno fatto esplicito riferimento alla Liguria.
Raffaele Moscato, ad esempio, afferma che i Bonavota hanno legami in Liguria con un certo Raffaele Cangemi “delle parti nostre”, pluripregiudicato con il quale sono imparentati.
Sempre a proposito dei Bonavota, il collaboratore Bartolomeo Arena afferma: “A Sant’Onofrio comandano i fratelli BONAVOTA affiancati dallo zio CUGLIARI Domenico detto “Mini i Mela”. Questo è un gruppo molto esteso in tutta Italia in quanto il padre Vincenzo BONAVOTA gli ha lasciato importantissime amicizie nella ‘ndrangheta. Aggiungo che loro erano forti anche fuori dalla Calabria, in particolare avevano una compagine a Genova -dove operava il loro parente Onofrio GARCEA – ed a Carmagnola – dove invece operava un altro loro parente, ovvero Turi ARONE”.
Si ricorda che Onofrio Garcea è stato condannato di recente a 7 anni e 9 mesi di reclusione, per associazione mafiosa, nel processo Maglio 3.
Su di lui, un altro collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, rivela: “conosco personalmente GARCEA Onofrio dei BONAVOTA, che sta a Genova dove ha una catena di agenzie di finanziamento; io lo incontrai nell’estate del 2009 nelle campagne di Sant’Onofrio, alla presenza di Giuseppe Barbieri detto “Padre Pio”, ricordo che era una domenica; lui disse che aveva grosse quantità di cocaina da vendere e mi propose di piazzarla su Vibo Valentia”.
Infine, si apprende da organi di stampa che due degli indagati nel procedimento calabrese sono stati arrestati a Voltri (GE). Si fa riferimento ad una coppia – Domenico Chichello e Angela Pititto – accusata di intestazione fittizia aggravata dall’agevolazione mafiosa, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale. In particolare il Chichello – quale socio occulto ed effettivo dominus dell’attività imprenditoriale – è accusato di aver attribuito in modo fittizio alla moglie Pititto Angela la esclusiva ed apparente titolarità dell’Autosalone “SuperAuto”, impresa finalizzata a riciclare denaro di provenienza illecita. La condotta risulta aggravata dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta ed in particolare la locale di Zungri e la cosca Accorinti ivi operante.
Questi sono i fatti, relativi alla Liguria, descritti nell’ordinanza di custodia cautelare. A prescindere dall’esito del giudizio de libertate, spetterà al processo di merito valutare la fondatezza delle accuse avanzate dalla Procura Distrettuale.