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Il secondo appuntamento con “Libera le tesi”, la presentazione delle proprie tesi di laurea ad opera di alcuni laureati in Sociologia della Criminalità Organizzata, si è svolto nella serata di mercoledì 22 aprile alla Casa dei Diritti del Comune di Milano. Nella prima “puntata”, tenutasi la settimana precedente, si era parlato dell’infiltrazione mafiosa a Milano e nel suo hinterland; le tre tesi di laurea presentate in questa occasione, dall’altro lato, hanno voluto raccontare la reazione della società civile a questa contaminazione del proprio territorio perdurante ormai da decenni, analizzando quindi il movimento antimafia milanese.

Un’analisi svolta sotto diversi punti di vista, uno per ognuno dei tre laureati. All’incontro hanno preso parte anche due giornalisti da sempre attivi su questo fronte: Mario Portanova, del Fatto Quotidiano, e Lorenzo Frigerio, di Liberainformazione.

La prima ad esporre il suo lavoro è Martina Mazzeo, che ha dedicato la tesi all’esperienza di Stampo Antimafioso, associazione dedita al giornalismo d’inchiesta sul fenomeno mafioso nel Nord Italia nata proprio dall’iniziativa di alcuni studenti del prof. Dalla Chiesa e con il supporto di quest’ultimo. Nel periodo che va dal 2008 al 2011, dice Martina, Milano è sconvolta da alcune importanti inchieste giudiziarie, la più significativa delle quali, Crimine-Infinito (2010) scoperchia il vaso di Pandora sull’infiltrazione delle cosche calabresi nell’area del capoluogo lombardo. L’indagine svela una ‘ndrangheta versione 2.0, che ha abbandonato i tratti militareggianti per specializzarsi nel business degli appalti, nel condizionamento del voto alle elezioni locali e nell’intessere forti e fruttuose relazioni sociali.

La società civile non rimane indifferente a questi sviluppi: si registra, intorno al 2010, un forte incremento delle realtà e delle produzioni letterarie dedicate all’antimafia a Milano e provincia. In questo filone si inserisce Stampo Antimafioso. “Stampo” è un’associazione di volontariato autofinanziata, che inizia a pubblica i propri lavori su un blog, sfruttando gli insegnamenti e l’appoggio del prof. Dalla Chiesa. Un volontariato di tipo intellettuale e molto impegnativo, basato su un’attività giornalistica di tipo “lento”, lontana dalla superficialità dettata dalle esigenze della cronaca in tempo reale; la missione è quella di diffondere cultura e conoscenza nel contrasto alle mafie con inchieste approfondite e rigorose, selezionando attentamente contenuti e collaboratori, così da acquisire credibilità e autorevolezza. A scapito della sua giovane età, Stampo Antimafioso si è già prodotta in attività di grande rilievo: è stata l’unico organo d’informazione a documentare per intero il processo per la morte di Lea Garofalo, e ha giocato un ruolo importante nel percorso che ha portato all’istituzione della Commissione consiliare Antimafia di Milano.

Valentina Valentini ha invece parlato dell’esperienza dell’associazione Saveria Antiochia Osservatorio Antimafia (già Saveria Antiochia Omicron), e del suo centro studi di documentazione, ossia del ruolo che una biblioteca può svolgere nella lotta alla mafia. SAO nasce nel 2006 per iniziativa di Libera, della Provincia di Milano e di Omicron (Osservatorio milanese sulla criminalità organizzata al nord) per promuovere l’educazione alla legalità e alla cittadinanza nelle scuole e partecipare a bandi europei. Saveria Antiochia, cui l’associazione è dedicata, è la mamma di Roberto, poliziotto ucciso da Cosa Nostra insieme a Ninni Cassarà nel 1985, testimone attiva della memoria del figlio e delle altre vittime di mafia. SAO offre al pubblico un amplissimo centro studi di documentazione, dove sono liberamente consultabili libri su mafia, antimafia, legalità, cittadinanza, diritti umani e civili.

Valentina si sofferma quindi sulla storia del movimento antimafia in Italia, a partire dal coordinamento di insegnanti e presidi del 1982, passando per la stagione delle stragi, che ha visto fiorire alcune delle più importanti realtà ancora attive al giorno d’oggi (Libera, Omicron, Narcomafie), e in particolare a Milano, dove ha giocato un ruolo di primo piano l’impegno attivo di alcuni consiglieri comunali. Grazie a loro e al già citato “boom” dell’impegno civile registrato intorno al 2010, la ‘ndrangheta in Lombardia è oggi un fenomeno di cui c’è consapevolezza diffusa.

Dario Parazzoli, l’ultimo laureato ad intervenire, ha analizzato nella sua tesi la possibilità di contrastare le organizzazioni criminali da un punto di vista amministrativo, con particolare riguardo alle amministrazioni locali. Da un punto di vista sociologico, infatti, il fenomeno mafioso è definito come un mix di controllo del territorio, rapporti di dipendenza personale, violenza come suprema regolatrice dei conflitti e, soprattutto, rapporti organici con la politica. Il rapporto mafia-politica, ci spiega Dario, è sempre di scambio alla pari: il politico favorisce il mafioso nell’assegnazione di un appalto perché sa che in cambio potrà ricevere una consistente quota di voti. Ma un appalto truccato comporta costi ingentissimi per la società: il costo dell’appalto stesso sarà più alto, perché ne andranno detratte le tangenti che vanno al politico e il guadagno che dovrà avere la cosca; e, quel che è più importante, gli imprenditori onesti che perdono la gara truccata ne hanno un danno dal punto di vista economico, e possono essere costretti a uscire dal mercato. Il modo più semplice e efficace per spezzare questo meccanismo deleterio è colpire il politico corrotto, che è l’anello più debole della catena: le cosche, infatti, sono potenti e strutturate, mentre i clienti danneggiati sono un’entità generalizzata e poco organizzata. E’ necessario far sì che la corruzione non sia “conveniente” per l’uomo politico, aumentandone i rischi e diminuendone i benefici. In questo senso è importante innanzitutto il ruolo delle amministrazioni comunali: l’assenza di un comitato o di una commissione consiliare antimafia, ad esempio, è un grave sintomo di disattenzione per ciò che accade sul proprio territorio.